Era 20 anni che non salivo in bici. L’ultima volta avrò avuto 14 anni: volevo guidare il motorino e allora mio padre mi portava al Porto Antico (Genova), noleggiava una bici, e mi faceva pedalare “per esercitare l’equilibrio”.
In realtà non serve a niente, l’ho capito anni dopo: l’equilibrio su una bici e su uno scooter sono completamente differenti. E a volte mi ritrovo a pensare chissà come sarebbero andate le cose se avessi avuto intorno persone che consideravano la bicicletta come un mezzo di trasporto, e non solo come un gioco.
Ma è andata così, e sono risalita in sella 3 anni fa, per caso, perché mi girava di comprarmi una bici come racconto qui.
Sono una persona estremamente istintiva, e quando penso una cosa la sto già facendo: ho iniziato a sostituire sempre più la bicicletta allo scooter e, quando il percorso diventava impegnativo, scendevo e spingevo. Così un bel giorno ho deciso di vendere lo scooter.
So che così non rende, ma considerate che da più di 20 anni giravo solo con il mio mezzo privato.
Non facevo mezzo metro a piedi, e che non sono mai stata una sportiva, capirete che decidere di vendere è stato un cambiamento notevole.
Diventare ciclista urbana mi ha stravolto la vita (per fortuna). Spesso dico che riprendere a pedalare è stato come rinascere.
Vivo a Genova. In questa città non esiste una strada in pianura, inutile cercarla: se ti sposti verso il mare scendi, se vai verso i monti sali. Ad occhio nudo non sempre te ne accorgi, se hai un motore sotto il fondoschiena non ci fai caso: ma le gambe sentono tutto.
All’inizio di questo cambiamento abitavo ancora in alto (150 mt di dislivello circa, in 5 km): arrivavo in ufficio in circa 12 min, quasi senza pedalare tanta era l’inerzia, contro l’ora e mezza del ritorno che impiegavo i primi tempi. Non ho mollato e, mentre ero concentrata solo a pedalare, in un anno ho perso 10 kg ed il tempo del ritorno lavoro-casa si è stabilizzato in circa 20 minuti.
Poi ho cambiato casa: ho scelto la bicicletta come mezzo di trasporto e ci ho ricostruito la vita intorno.
Perché ho continuato nonostante la geografia della mia città non proprio agevole? Perché mi fa stare bene.
Non ho un allenatore, non faccio gare, ho anche un bici quasi sbagliata per l’uso urbano, ma pedalare ogni giorno mi ha fatto bene fin da subito, e ho voluto continuare.
Mi sono attrezzata con portapacchi e borse per fare la spesa e portare le cose, togliendomi il peso sulla schiena (sconsigliati su percorsi oltre i 5 km). Ho iniziato ad allungare il percorso verso l’ufficio, andando verso il mare a guardarmi l’alba, o sui colli a gustarmi la città che si sveglia. Ho sperimentato su me stessa che qualsiasi pensiero o preoccupazione abbia, come salgo in sella, anche per pochi chilometri, la mente si libera, scarico lo stress ed arrivo a destinazione con un altro umore, un po’ più felice.
I tempi di percorrenza non variano poi molto quando si tratta di spostamenti urbani: è provato che sotto i 5/6 km le bici sono più veloci delle auto, e nel mio caso i tempi si sono allungati di circa 5/10 min… E intanto impari a vivere ad un ritmo meno frenetico, più lento, più dolce.
Decidere di diventare ciclista urbana, vuol dire spostarsi principalmente in bicicletta e lasciare a casa auto o scooter. Vuol dire pedalare in ogni circostanza, freddo o caldo, pioggia o vento, ma è una scelta che viene da sé, perché più passa il tempo e più ci si sente bene. Ed allora rinunciare, anche se spostarsi in bici in città è un po’ più difficile (soprattutto in certe città), non è più un’opzione valida.
Ogni volta che si parla di bici e di ciclismo urbano, si pensa subito agli incidenti, ai morti, ai problemi della mobilità. Non nego che ci sia anche questo aspetto, ma per esperienza so che c’è anche un altro lato della medaglia: sperimentatelo e non potrete più farne a meno.
Adriana Anselmo – www.laciclistaignorante.it
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